Noto: capitale barocca nella provincia di Siracusa

Noto è un comune italiano di 24.047 abitanti della provincia di Siracusa in Sicilia. È il primo comune siciliano e il quarto italiano per estensione territoriale (550 km²). Definita la “Capitale del Barocco”, nel 2002 il suo centro storico è stato dichiarato Patrimonio dell’Umanità da parte dell’UNESCO, insieme con il Val di Noto.

Il nome Noto, fu dato alla città dagli arabi, e fu mantenuto anche dopo la loro dominazione, diventando nome definitivo. Neai per i siculi, Neeton per i greci e Neetum per i romani, il nome Noto fu scelto dagli arabi per indicare la sua bellezza e la sua importanza (la parola araba “Noto” aveva lo stesso significato di quella italiana odierna).

NOTO – PERIODO ANTICO
Il sito originario della città, Noto antica, si trova 8 km più a nord, sul monte Alveria. Qui si ritrovano i primi insediamenti umani, che risalgono all’età del Bronzo Antico o Castellucciana (2200-1450 a.C.), come testimoniato dai reperti archeologici rinvenuti. Secondo un’antica leggenda, Neas, che sarebbe stato il nome della Noto più antica, avrebbe dato i natali al condottiero siculo Ducezio, che nel V secolo a.C. avrebbe difeso la città dalle incursioni greche. Questi la trasferì dall’altura della Mendola al vicino monte Alveria, circondato da profonde valli, in una delle quali scorre la fiumara di Noto. Ben presto Neas o Neaton, ormai ellenizzata nei costumi, entrò a far parte della sfera d’influenza siracusana.

Secondo Polibio e Tito Livio, Neaton fu una colonia siracusana durante il regno di Gerone II, riconosciuta nel 263 a.C. dai Romani con un trattato di pace. Il Ginnasio, le mura megalitiche e gli Heroa ellenistici convalidano le ipotesi degli storici.

Nel 214 a.C. circa, Neaton aprì le sue porte all’esercito del console romano Marco Claudio Marcello, e venne così riconosciuta come città alleata dai Romani (che la chiamavano Netum) come Taormina e Messina. In quanto tale i Romani concessero ai netini un proprio senato, tanto che ancora oggi, nei palazzi e nei portali risulta presenta la scritta SPQN (Senatus PopolosQue Netinum). Subì, come le altre città isolane, le vessazioni di Verre, descritte da Marco Tullio Cicerone.

Durante il periodo tardo-romano nella sua zona fu costruita la Villa Romana del Tellaro (IV secolo). Dopo l’occupazione della Sicilia (535-555 circa) da parte delle legioni bizantine dell’Imperatore Giustiniano, il territorio di Noto fu arricchito di monumenti, come la basilica di Eloro e la Trigona di Cittadella dei Maccari, l’Oratorio della Falconara e la Cripta di S. Lorenzo Vecchio, il Cenobio di S. Marco, il Villaggio di contrada Arco. Nell’864 Noto fu occupata dagli Arabi del ras Khafaja ben Sufyan, che la fortificarono. Data l’importanza attribuita alla città dagli Arabi, Noto divenne, nel 903, capovalle e il suo territorio registrò la razionalizzazione dell’agricoltura e la promozione dei commerci. Fu insediata anche l’industria della seta, sfruttando la presenza di gelsi nel territorio.

NOTO: DAI NORMANNI AGLI ARAGONESI
Nel 1091 Noto fu occupata dal Gran Conte Ruggero d’Altavilla, e venne infeudata al figlio Giordano, che iniziò la costruzione del castello e delle chiese cristiane. Durante il regno dell’imperatore Federico II di Svevia, a Noto, governata dal conte Isinbardo Morengia, fu eretto il monastero cistercense di Santa Maria dell’Arco. Durante il periodo angioino, il 2 aprile 1282, Noto partecipò all’insurrezione dei Vespri Siciliani. Nel 1299, durante la guerra per il possesso della Sicilia tra Federico III d’Aragona e Carlo II d’Angiò, il castellano di Noto Ugolino Callari (o di Callaro) si ribellò al primo passando dalla parte di quest’ultimo, e consegnò la città all’esercito di Roberto d’Angiò, figlio di Carlo II.

Tornata sotto il dominio aragonese, Noto fu poi governata da Guglielmo Calcerando. Sotto il regno di Alfonso V d’Aragona fu Viceré di Sicilia Niccolò Speciale, netino, che diede un importante contributo allo sviluppo della città, governata al tempo dal duca Pietro d’Aragona, fratello del re. Il duca fece edificare nel 1431 la Torre Maestra del Castello di Noto Antica. Nel 1503, per intervento del vescovo Rinaldo Montuoro Landolina, il re Ferdinando II d’Aragona conferì a Noto il titolo di “Città ingegnosa” per i tanti personaggi che nel quattrocento si distinsero nel campo dell’Arte, delle Lettere e della Scienza, come Giovanni Aurispa, Antonio Cassarino, Antonio Corsetto, Andrea Barbazio e Matteo Carnalivari.

Nel 1542 il Viceré Ferrante Gonzaga fortificò le mura della città.

IL TERREMOTO DEL 1693 E LA RICOSTRUZIONE DI NOTO
L’11 gennaio del 1693 la città, allora nel suo pieno splendore, fu distrutta dal terremoto del Val di Noto, in cui morirono circa 1000 persone. Subito dopo il terribile evento Giuseppe Lanza, duca di Camastra, nominato vicario generale per la ricostruzione del Val di Noto, stabilì di ricostruire la città in altro sito 8 km più a valle, sul declivio del monte Meti. Nel piano di costruzione della città intervennero diverse personalità, indicate dai documenti e dalla tradizione: dall’ingegnere militare olandese Carlos de Grunenbergh, al matematico netino Giovanni Battista Landolina, al gesuita fra’ Angelo Italia, all’architetto militare Giuseppe Formenti; ma, al di là del piano urbanistico, è da tenere presente che la città attuale è il risultato dell’opera di numerosi architetti (Rosario Gagliardi, Paolo Labisi, Vincenzo Sinatra, Antonio Mazza), capimastri e scalpellini, che, durante tutto il XVIII secolo, realizzano questo eccezionale ambiente urbanistico.

L’OTTOCENTO E L’UNITA’ D’ITALIA
Nell’Ottocento, con la nuova riforma amministrativa, Noto perse il ruolo di capovalle, che passò a Siracusa. Tuttavia nel 1837, a causa del moto carbonaro di Siracusa, Noto divenne capoluogo di Provincia, e nel 1844 anche centro di una diocesi. Nel 1848 scoppiò la Rivoluzione siciliana indipendentista e Noto vi partecipò, la rivolta venne repressa l’anno successivo ed il netino Matteo Raeli, ministro del governo rivoluzionario, andò in esilio a Malta.

Nel 1861 Noto, dopo la Spedizione dei Mille, entrò a far parte del Regno d’Italia, conservando inizialmente il titolo di capoluogo di provincia, poi trasferito a Siracusa nel 1865[4]. Nel 1870 fu inaugurato il Teatro Comunale; l’esiliato Matteo Raeli fu nominato ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti della nuova nazione. Intorno al 1880 a Noto fu edificata la stazione ferroviaria.

Dal secondo dopoguerra alla riapertura della Cattedrale

LA CATTEDRALE RICOSTRUITA
Dopo la seconda guerra mondiale iniziò il processo migratorio verso le regioni settentrionali d’Italia, la Germania, la Francia, il Belgio, l’Argentina, gli USA e il Canada e la città di Noto conosce qualche decennio di decadenza. Nel 1977 si tenne a Noto un convegno “Simposio sull’architettura di Noto”, organizzato da regista Corrado Sofia e dall’allora sindaco Alberto Frasca (PCI), tale simposio portò all’attenzione di vari studiosi, tra i quali André Chastel e Cesare Brandi, il problema del barocco netino, determinando un rinnovato interesse per la città e la sua storia millenaria. Filmato Istituto Luce dedicato al simposio–82.220.1.205 (msg) 20:06, 6 ago 2014 (CEST)

Negli ultimi anni si è registrata una ripresa economica, dovuta alla sviluppo del turismo, che rappresenta la principale risorsa della città barocca. Il 13 marzo del 1996 la cupola della Cattedrale crolla a causa di un difetto di costruzione e del sovraccarico strutturale determinato dalla costruzione di un solaio in cemento sopra la navata centrale. La città è stata inserita nella lista dei siti patrimonio dell’umanità dall’UNESCO nel 2002. A conclusione di un lungo e complesso restauro, la chiesa è stata riaperta dopo undici anni di lavori 18 giugno 2007.

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