Arte.it – SAMANTHA DE MARTIN
02/02/2022
Venezia – Esseri ibridi, corpi fantastici, creature mutanti e permeabili escono dalle pagine fiabesche di Leonora Carrington per portare nel palinsesto della Biennale d’Arte 2022 l’universo onirico dell’artista surrealista, suggerendo altri mondi possibili e una ridefinizione dell’umano.
Dopo due anni di attesa e un rinvio dovuto alla pandemia (dal 1895 l’unico stop era stato provocato delle due guerre mondiali), l’edizione numero 59 dell’Esposizione Internazionale d’Arte torna in presenza dal 23 aprile al 27 novembre ai Giardini e all’Arsenale in versione “green”. “Un approccio – come anticipa il presidente Roberto Cicutto – volto a monitorare le emissioni prodotte dagli eventi, suggerendo a tutti i partecipanti protocolli di comportamento che ci aiuteranno a raggiungere questo scopo”.
L’obiettivo per il 2022 sarà quello di estendere a tutte le attività programmate dalla Biennale il raggiungimento della certificazione della “neutralità carbonica”, ottenuto nel 2021 per l’edizione numero 78 della Mostra del Cinema.
Se Repubblica del Camerun, Namibia, Nepal, Sultanato dell’Oman e Uganda saranno i cinque paesi presenti per la prima volta alla Biennale Arte, la Repubblica del Kazakhstan, la Repubblica del Kirghizistan e la Repubblica dell’Uzbekistan debutteranno con un proprio padiglione. Il tricolore svetta invece alle Tese delle Vergini in Arsenale, dove il Padiglione Italia sarà a cura di Eugenio Viola.Il latte dei sogni fruga nel libro di favole di Leonora Carrington. Tra queste pagine la scrittrice e pittrice britannica descrive un mondo magico nel quale la vita viene costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé.
Come spiega Cecilia Alemani, “L’esposizione Il latte dei sogni sceglie le creature fantastiche e ibride di Carrington, insieme a molte altre figure della trasformazione, come compagne di un viaggio immaginario attraverso le metamorfosi dei corpi e delle definizioni dell’umano”.
Da queste domande che hanno guidato le conversazioni con molti artisti in questi ultimi mesi, prende vita l’ultima edizione della Biennale d’Arte la cui ricerca stuzzica tre aree tematiche: la rappresentazione dei corpi e le loro metamorfosi, che affonda pensiero nella filosofia post-umana, mettendo in discussione l’umano come misura del mondo; la relazione tra gli individui e le tecnologie che, specie con la pandemia, ci hanno reso più consapevoli della nostra fragilità; e infine i legami che si intrecciano tra i corpi e la terra. Aspetto, quest’ultimo, che proclama la fine dell’antropocentrismo celebrando una nuova comunione tra gli esseri in un rapporto non gerarchico, ma di armonia e simbiosi con altre specie.Nell’imperversare di questa crisi dell’individuo al centro del mondo, che mette in discussione l’uomo rinascimentale, la futura Biennale d’Arte sembra volerci dire che tutti possono divenire altro. Creature criogeniche, corpi disubbidienti, amputati, come quelli di Carol Rama, sfilacciati in relazionalità fluttuanti o con il volto di farfalla, donne simili a mummie in procinto di liberarsi dalle bende della storia, si ribellano alle rappresentazioni classiche ammiccando piuttosto al Surrealimo, ai linguaggi futuristi, Dada o Bauhaus. Le donne di Baya Mahieddine, simili a principesse dagli abiti sgargianti, in relazione con animali, le figure in bronzo e ceramica dell’artista siriana Simone Fattal, in movimento tra figurazione e astrazione, la comunità matriarcale ispirata da tradizioni afrocubane, immaginata dall’artista cubana Belkis Ayón, le opere su carta dove il messicano Gil de Montes rimpiazza l’immagine della Venere di Botticelli con quella di un pescatore sdariato, sono solo alcune espressioni di queste identità fluttuanti.
Concepite come dense capsule del tempo, finalizzate a creare nuove stratificazioni di senso e cortocircuiti tra presente e passato con un approccio trans-storico e trasversale, cinque piccole mostre tematiche offriranno strumenti di approfondimento intessendo corrispondenze tra opere storiche – con prestiti museali e inusuali inclusioni – e le esperienze di artisti contemporanei esposti negli spazi limitrofi. Pur essendo stata concepita in un periodo di grande instabilità e incertezza, assorbendo le convulsioni dei nostri tempi, Il latte dei sogni non sarà una mostra sulla pandemia.
“La Biennale – anticipa Alemani – assomiglia a tutto ciò di cui ci siamo dolorosamente privati in questi ultimi due anni: la libertà di incontrarsi con persone da tutto il mondo, la possibilità di viaggiare, la gioia di stare insieme, la pratica della differenza, della traduzione, dell’incomprensione e quella della comunione”.
Come spiega il presidente Cicutto “La Mostra immagina nuove armonie, convivenze finora impensabili e soluzioni sorprendenti proprio perché prendono le distanze dall’antropocentrismo. L’augurio per questa edizione è che con essa ci si possa immergere nel re-incantesimo del mondo”.
Ma ci sarà di più. Sono di Simnikiwe Buhlungu, Ambra Castagnetti, Andro Eradze e Kudzanai-Violet Hwami i progetti finalisti della prima edizione di Biennale College Arte 2021/22 le cui opere saranno presentate, fuori concorso, come parte della 59. Esposizione Internazionale d’Arte.
A meno di undici settimane dall’inaugurazione della Biennale, Il latte dei sogni è già pronto a nutrirci, e a travolgerci.
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