a cura di Roberto Ormanni
Il libro di Alberto Liguoro “Nola, cronaca dall’eccidio“ in questi giorni viene presentato in varie città italiane. L’autore racconta il suo viaggio nella memoria verso i genitori perduti nel cimitero della ragione.
Settant’anni fa, a Nola, in Campania, un tenente italiano trentenne e nove altri ufficiali italiani venivano buttati contro il muro della loro stessa caserma dai reparti della Wermacht nazista di stanza nella zona e venivano fucilati davanti ai loro commilitoni attoniti, disarmati e inginocchiati a terra e davanti a tutta la popolazione civile. Dieci a uno era il rapporto stabilito dai Nazisti: per ogni tedesco ucciso, andavano ammazzati dieci italiani. Fu, quella di Nola, la prima strage, il primo eccidio consumatosi in Italia ad opera dei tedeschi non più alleati ma invasori, all’indomani dall’armistizio dell’8 settembre 1943 e di una scaramuccia costata la vita a un ufficiale degli ex alleati di Berlino. Alberto Pesce, tenente dell’esercito italiano, e i suoi nove colleghi furono assassinati a sangue freddo l’11 settembre, giorno che poi la storia avrebbe immortalato, pietrificato, come data tremenda tra le più terribili, basti pensare al golpe in Cile del 1973 e all’attentato alle Torri Gemelle di New York del 2001. Il tenente Alberto Pesce, architetto torinese, era il padre di Alberto Liguoro, autore del bellissimo “Nola, cronaca dall’eccidio” (Infinito edizioni, 2013, 160 pagine, € 14.00). L’Alberto scrittore nacque pochi mesi dopo la morte del padre e rimase poco dopo orfano anche della mamma, spentasi a causa di complicazioni post-parto in quell’Italia squassata dai bombardamenti e abbandonata dalla fuga vergognosa dei Reali. Nell’ articolo che pubblichiamo di seguito, Alberto Liguoro si pone alcuni interrogativi. Le risposte dovrebbero interessare tutti noi e non limitatamente al tragico episodio ricostruito nel libro. E’ proprio negli Alberto Pesce e negli Alberto Liguoro che dovremmo trovare la forza per guardare con rinnovata fiducia e ottimismo al futuro che ci aspetta, alla vita che abbiamo ancora da vivere e da spendere per buone cause che lo meritino.
NOLA 11 settembre 1943
CHI FU L’UFFICIALE TEDESCO che ordinò l’ECCIDIO, 70 anni fa, e quindi qualificabile come l’esecutore materiale del crimine? DOVE E’ ORA quel FILMINO, che riproduce l’ESERCITO ITALIANO, letteralmente in ginocchio, girato dai TEDESCHI, l’11 settembre del ’43 e SPEDITO a BERLINO? CHE COSA contengono i FALDONI marcescenti negli archivi del Ministero della Difesa, che riguardano l’ECCIDIO di NOLA l’11 settembre ’43?
Sono tutte domande alle quali occorre dare una risposta. Dovrebbero darla in realtà gli STORICI; mi riferisco a storici qualificati e con l’animo rivolto unicamente alla Storia come scienza, alla realtà dei fatti, dei nostri giorni, quelli più giovani, quelli che sarebbero nati 20 o 30 anni dopo la fine della guerra. Molti degli storici del secolo scorso, del passato, diciamo, nel loro insieme, non hanno dato grande prova di sé, un po’ per responsabilità della insulsa politica italiana (non dimentichiamo – qui ci vuole – quale era il Partito Guida dell’Italia, e quale era la sua filosofia di oblio, di badare soprattutto al mantenimento dello status quo, quell’asfissiante – da che era partito popolare – Democrazia Cristiana, poi decaduta ma perdurante nella definizione emblematica dei concetti di “retroguardia”, “conformismo”, “opportunismo”). Ricordate quando, a scuola, non ci spiegavamo come mai la Storia italiana finiva dopo la PRIMA GUERRA MONDIALE e molti di noi credevano, non corretti da buoni maestri, che la Storia finisse lì? Un po’ per loro stessa responsabilità, essendo prevalentemente condizionati dalle loro tendenze politiche, dalla loro volontà di avviarsi e affermarsi nelle carriere politiche, alle quali erano soprattutto interessati.
MI DARO’ da FARE
Prego chiunque abbia notizie, cittadino, storico, testimone, giornalista, di mettersi in contatto. MA non dimentichiamo il senso delle cose, il senso della storia. Quella che io racconto nel mio “Nola, cronaca dall’eccidio” è anche una storia d’amore, una storia di progetti di vita, di famiglia e di professione. TUTTO CIO’ è stato STRONCATO d’un sol colpo. Su questo maggiormente deve concentrarsi l’attenzione. Prendiamo gli atti di terrorismo, ad esempio, anch’essi crimini, anch’essi fatti abnormi; intere fette di vite private vengono spazzate via, e l’insieme di quelle vite, di quelle piccole storie avrebbe indirizzato in modo diverso la Storia generale, la grande storia.
Ma chi è responsabile di tutto questo? Coloro che in modo diretto e immediato o indistinguibile e frastagliato, ma curiosamente unitario, hanno ordinato ciò, o l’”esecutore materiale” che non ha identità, non ha qualità, non ha storia (in alcuni quartieri di città degradate si acquistano killer con poche centinaia di euro)?
Il pericolo da scongiurare, quindi, è che tutto sia ridotto a rispondere a quelle domande sopra formulate. Una volta che avremo saputo chi era quell’ufficiale, ormai certamente morto; che avremo saputo che fine hanno fatto o, al limite, avremo visto i residuali fotogrammi di quel filmino della vergogna (degli operatori, non degli attori, protagonisti, comparse); che avremo toccato con mano il tradimento, l’insipienza dei vertici dell’Esercito Italiano e le strumentalizzazioni dei governati e degli occupanti tedeschi, che cosa faremo? Chiuderemo il libro? Qui è molto importante non spostare l’ago della bussola. E’ molto importante non dimenticare il senso della storia, il senso della vita. Io aggiungerei un’altra domanda a quelle di cui sopra, ma a questa reclamerei una risposta più decisa, anche se, come spesso o sempre accade, sarà, a sua volta generatrice di altre domande: COME è POSSIBILE, dopo tutto ciò che è accaduto, di cui si parla in sordina, per la verità, sulle lapidi e nei cimiteri, come l’iscrizione nel cimitero di Casaglia, dove riposano molti dei morti dell’eccidio di Monte Sole, tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, “… tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga.” E ben poco nei libri di storia, tuttavia, bene o male, si sa, CHE ANCORA OGGI ci siano vari e diffusi RIGURGITI di NAZIFASCISMO?
Forse è proprio perché si è persa la memoria? Si è preferita la rimozione collettiva alla sofferenza di RICORDARE? E quali ulteriori effetti ciò comporterà?
Alberto Liguoro
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