LE RICHIESTE ARRIVANO sempre più spesso e sono sempre più specifiche: i governi di tutto il mondo chiedono a Google di rimuovere contenuti, oppure di consegnare informazioni sugli utenti. Il dato emerge da un riassunto delle richieste pubblicato dal motore di ricerca.
Grandi numeri. Il rapporto riguarda gli ultimi sei mesi del 2011 ed è parte di uno studio iniziato nel 2010. A proposito degli input governativi, Google ha detto di aver ricevuto un totale di 1.007 richieste riguardanti la rimozione di contenuti e consegna di informazioni su persone che utilizzano il motore di ricerca o il sito di video YouTube. Nello specifico, in 461 casi la domanda è stata inoltrata da un tribunale, chiedendo la cancellazione di 6.989 voci, mentre 546 casi riguardano richieste informali, per esempio attraverso telefonate da parte di funzionari di polizia, su 4.925 elementi.
Solo per quanto riguarda gli Usa, nel rapporto figura che tra luglio e dicembre del 2011 le agenzie governative Usa hanno presentato 187 richieste di rimuovere contenuti, più del doppio rispetto ai primi sei mesi dell’anno scorso, quando sono state presentate 92 richieste. Inoltre, nella seconda metà dell’anno scorso il governo di Washington ha chiesto al motore di ricerca 6.321 volte di rendere noti dati di utenti. Il governo del Brasile si è rivolto a Google 194 volte nel secondo semestre e 224 nel primo semestre del 2011 per chiedere la rimozione dei contenuti. I dati non comprendono Paesi come Cina e Iran, dove il blocco dei contenuti arriva direttamente dai governi.
“Aumento allarmante”. Proprio questo è il termine utilizzato da Google per descrivere lo stato delle richieste governative. E Mountain View nota come spesso il fenomeno riguardi “democrazie occidentali non tipicamente associate con la censura”. In totale, Google ha soddisfatto il 54% delle pretese. “E’ davvero preoccupante, perchè molte delle voci di cui viene chiesta la rimozione riguardano discorsi politici – ha spiegato Dorothy Chou, analista di Google – Ed è un problema non solo perché la libera espressione è a rischio, ma anche in quanto riguarda nazioni da cui davvero non ce lo si aspetta”. Chou ha spiegato che in molti casi il gigante del web opera localmente con propri uffici ed impiegati, in modo da essere in grado di rispettare le leggi del Paese in questione.
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