Come tutte le questioni che accadono ai lavoratori del Sud poco si sa dei drammi che essi vivono e ai quali pare sempre non esserci alcun rimedio se non la rovina e le attese che portano al declassamento continuo della società e dei valori del Mezzogiorno d’Italia che si ritrova essere, tranne per poche eccezioni, testimone del malessere di errori e superficialità della politica nazionale. “Declassamento” perché il continuo dramma della disoccupazione conduce inevitabilmente a provvedere alla sussistenza quotidiana divenendo una società senza memoria e capacità di reagire agli eventi.
Oggi, grazie al fermento civile nel Mediterraneo, il Sud potrà invece assumere un ruolo di primissimo piano e deve potersi permettere di non trascurare nessuna opportunità di sviluppo, soprattutto quando, come in questo momento, bisogna rendere saldo il valore del Made in Italy, valore che deve essere inteso come risonanza dell’ anima italiana nel mondo e “mecca” dell’economia internazionale.
IRIS BUS IVECO: OLTRE 4000 FAMIGLIE A BREVE SENZA LAVORO
Proprio oggi, nel cuore di questa crisi indefinibile, accade che 700 lavoratori di Iris Bus Iveco, azienda posizionata nella Valle Ufita dell’Appennino campano, rimangano senza lavoro a causa della decisione di Fiat Industrial di chiudere lo stabilimento italiano. Si tratta di una parte del Sud che ha creduto alla Fiat e ai giganti del passato convinti che la trasformazione della Grande Civiltà contadina in società dell’industria metallica potesse reggere nella terra del sole e del clima unico al mondo. Oggi, di certo, questi lavoratori non sarebbero stati traditi dalla “Terra”, attesa la forza che ha acquisito negli ultimi 10 anni il mondo FOOD ITALIA, patria anche della Dieta mediterranea oggi anche Patrimonio UNESCO che i francesi e il resto del mondo potranno soltanto cercare di imitarla malamente o di degustarne i prodotti. Ma – come si dice – il guaio è stato fatto e ora bisogna rimediare.
Ma ritorniamo al dramma di 700 famiglie: lo stabilimento IRIS BUS IVECO “chiude” e licenzia tutti a favore del gemello francese che offrirebbe a Fiat Industrial migliori condizioni.
Oggi possiamo dire che, se non fosse per l’interesse che qualche geniale pensatore ha inculcato nel fior fiore dell’imprenditoria che la Cina esprime nel settore, i lavoratori di questo storico stabilimento che costruisce Autobus sarebbero senza la benché minima speranza. Procediamo dunque con calma e vediamo di capire a che punto siamo.
Intanto possiamo dire che ai 700 lavoratori che perderanno il posto di lavoro a causa della scelta di Fiat Industrial è legato un indotto di altri 3.500 lavoratori che faranno la stessa fine. Per questo abbiamo pensato di seguire direttamente con i nostri redattori la vicenda convinti del fatto che anche questi lavoratori abbiano tutti i diritti che la Costituzione Italiana garantisce loro, inclusa un’informazione leale e rispettosa della verità e delle Persone.
AMSIA MOTORS: LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA
Siamo anche interessati a conoscere i motivi per cui Fiat Industrial ha deciso di vendere l’anima alla Francia ma, oggettivamente, ancor più, a riconoscere il ruolo salvifico ad Amsia Motors, che non soloreintegrerebbe permanentemente tutte le maestranze che sono a rischio, ma convertirebbe quella che oggi risulta essere un’industria i cui macchinari sembrano essere datati 1974, in una moderna industria che produce motori elettrici per bus capace, tra l’altro, di interpretare i più moderni standard tecnologici a tutela dell’ambiente e della salute dei lavoratori.
In Italia, però, sappiamo bene che non basta trovare le soluzioni finanziarie. Bisogna fare i conti con molte cose poco chiare e, infatti, incredibile a credersi, pare che una certa foschia cali metodicamente appena spunta il sole per rendere poco chiaro anche il ruolo che i sindacati dovrebbero avere a tutela dei lavoratori.
Si ha l’impressione, infatti, che questo importante polo di lavoratori potrebbe essere più utile a qualcuno o a qualcosa da “disoccupato” che da occupato.
L’INCONTRO A MILANO TRA FIAT INDUTRIAL E AMSIA MOTOR
Intanto qualcosa di importante e serio si è mosso a Milano dove alle ore 14 del giorno 3 Novembre si è tenuta una riunione dalla quale è emersa la volontà di Amsia Motors di acquisire il polo industriale Iris Bus Iveco e/o, in ogni caso, di aprire un nuovo polo industriale che sosterrebbe, appunto, una produttività “verde” nel mondo Bus italiano. Una vera rivoluzione grazie alla quale i lavoratori italiani potrebbero non versare più lacrime Fiat e rilanciare con un progetto che vedrebbe al 50% ITALIA-CINA partner di un nuovo Brand forte e competitivo, oltre che rispettoso dell’Ambiente e del protocollo di Kioto.
All’incontro tenuto si presso lo Studio dell’Avv. Franz Grande Stevens hanno partecipato Alfredo Altavilla, Chief Executive Officier Iveco per Fiat Industrial, l’Avv. Diego Saluzzo di Iveco e Stephane Viez Senior Vice president – Chief Financial Officer Iveco, Mostafa Z. Ahmad, Charman & CEO di Amsia Motors, Donato Arcieri Rappresentante delegato dall’Amsia Motors in qualità di Consulente, l’Ing. Roberto Verni e l’Avv. Andrea Conti dello Studio “Lenoci”.
FIAT IVECO HA MANIFESTATO VOLONTA’ POSITIVA
In questa sede, finalmente, la Iveco dopo ben quattro precedenti incontri tenutisi a Torino ha manifestato la volontà di volere valutare l’ipotesi della cessione dell’Azienda Italia Iris Bus Iveco. Guarda caso, dopo avere firmato in data 2 Novembre 2011 (il giorno prima ndr) l’accordo sindacale con le rappresentanze RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie) il cui accordo prevede la cassa integrazione per 2 anni ed eventualmente l’accompagnamento al prepensionamento per coloro i quali ne abbiano i requisiti per un costo per le casse dello Stato pari a circa 25 milioni di euro anno, con una cessazione di attività prevista in Italia e un ulteriore danno per altri 3.500 addetti situati nell’indotto.
Amsia Motors, invece, si affaccia in Italia con l’intento di voler realizzare un’Azienda nuova e con marchio interamente “Italia”, il cui ciclo produttivo prevede la realizzazione di Autobus elettrici di tecnologia Amsia Motors e altri prodotti che completerebbero un parco macchine che vanno ad affrontare un mercato mondiale che punta sul risparmio energetico e sull’abbattimento degli scarichi dell’anidride carbonica in ottemperanza al Patto di Kioto. Amsia Motor, inoltre, utilizza nel suo ciclo produttivo materiali che non sono inquinanti anche a tutela dei suoi lavoratori.
Occorrerebbe, per quanto suddetto, plaudire a queste pratiche di assoluta civiltà industriale, rispetto ad un passato che ben sappiamo quanto sia costato e quanto costi tutt’oggi in termini di salute ai lavoratori.
QUALE SAREBBE IL VANTAGGIO IMMEDIATO PER L’ITALIA?
Innanzitutto l’assunzione immediata dei 700 lavoratori e il conseguente mantenimento dell’indotto costituito dalle ulteriori 3.500 unità lavorative. Nella seconda fase dell’industrializzazione è già previsto l’ampliamento dell’organico a 3.000 dipendenti diretti più 5.000 indiretti. Ciò sviluppando e definendo i lineamenti di una nuova Azienda Made in Italy che affronta, però, il mercato, con soluzioni efficaci il nel settore dell’autotrazione elettrica, nuova pagina della storia mondiale dei trasporti pubblici e privati ormai non più rimandabile.
AMSIA HA INCONTRATO SOTTOSEGRETARIO ECONOMIA ANTONIO GENTILE
Nella giornata del 3 Novembre il Presidente dell’Amsia ha incontrato in sede ufficiale, presso il Senato della Repubblica Italiana, il Sottosegretario all’Economia con delega al Sud Antonio Gentile, al quale ha illustrato il piano industriale.
DONATO ARCIERI CONSULENTE AMSIA MOTORS: E’ GRANDE OCCASIONE
Ad offrire uno spunto di logica riflessione è il Consulente delegato da Amsia Motors Donato Arcieri che afferma: “perché lo Stato italiano dovrebbe rinunciare ad una straordinaria opportunità che giunge tra l’altro in un momento drammatico per l’economia internazionale che sta trascinando a picco anche l’Italia? Tra l’altro, gli azionisti saranno 50% Italia e 50% Cina, segno di assoluta buona fede e del fatto che si tratta di un vero, autentico rilancio del lavoro e dell’economia per mezzo di una partnership trasparente. Inoltre – afferma sempre Donato Arcieri – stiamo parlando di un’azienda altamente tecnologica che interpreta in senso concreto la trasformazione della tecnologia che inquina in una risorsa interamente e veramente verde. Ciò significa che potremo portare l’Italia ad essere in tempi brevissimi artefice della concretizzazione di un sogno che tutti gli abitanti della terra hanno oggi in comune: una civiltà verde e rispettosa dell’Uomo e del suo Ambiente”.
Detto ciò, che si tratti di una opportunità irripetibile per l’Italia e i suoi lavoratori, appare scontato.
UNA RIFLESSIONE DE IL PARLAMENTARE.IT SUL MANCATO RISPETTO DELLA FRANCIA
Piuttosto, oggi vale la pena di soffermarsi un attimo a riflettere sui quotidiani attacchi che la Francia rivolge all’Italia proprio nel bel mezzo di una crisi “europea”. Attacchi rivolti sia al nostro Governo che alle nostre Aziende. A tal proposito ci siamo chiesti semplicemente “perché” il Presidente Sarkozi si permetta di prenderci in giro. Facciamo una ipotesi? Forse perché ci comanda a bacchetta, essendo la Francia proprietaria delle società che gestiscono le nostre acque (Veolia) e magari ci danno anche da mangiare (Parmalat), gestiscono i nostri risparmi (BNL, Cariparma), gestiscono anche l’erogazione del Gas forse perché ci erogano energia elettrica e gas (Edison). Per tutti questi motivi, forse, ci considerano culturalmente alla loro mercé, nonostante la Francia sia il paese dell’Europa con la più alta percentuale di disoccupazione giovanile probabilmente del pianeta. Dunque sarebbe solo frutto di fanta-politica immaginare che se l’Italia sposasse come partner tecnologico e di capitale la Cina, per un progetto così innovativo, la Francia potrebbe subirne direttamente gli svantaggi? E se poi si continuasse nella direzione di una partnership Italia-Cina sempre più consolidata, cosa potrebbe accadere?
E quando i giovani francesi s’incazzeranno perché senza lavoro, secondo voi, se la prenderanno con noi italiani o toglieranno per sempre il sorrisetto a Sarkozi? E Fiat – se ci è dato chiedere – cosa trova di conveniente in una nazione che registra un tasso di disoccupazione così elevato, dunque problemi intestini così evidentemente palesi?
Rimane il fatto che Fiat va via dall’Italia dopo avere costruito la sua dignità con i capitali dello Stato, quindi degli Italiani. Segno, questo, di quella dicotomia che spacca l’Italia dividendola tra gente geniale che lavora e costruisce economia, come chi sta tentando di risolvere genialmente il problema di Iris Bus Iveco e chi, invece, l’economia la governa male e la tradisce.
a cura di R. Scriptor
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